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Verdicchio Castelli di Jesi DOC – Classico “Le Vaglie”

Verdicchio Castelli di Jesi DOC – Classico “Le Vaglie”

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– Tipicità –

E’ un vino che nasce nel 1992 con l’intenzione di uscire dai soliti schemi della tradizione. Allo stesso tempo però, sperimentando e osando, riesce a rendere merito alla grande storia vinicola marchigiana. Per festeggiare i 20 anni di produzione, l’Azienda nel 2012 ha lanciato sul mercato oltre alla storica etichetta bianca altre cinque etichette colorate. Una scelta stilistica che continua ancora oggi a caratterizzare questo vino per rispondere ad un entusiasmo crescente da parte degli estimatori de Le Vaglie.

Fresco e morbido, buona chiusura con netto richiamo ammandorlato.

Scopri in descrizione curiosità e cenni storici su questo importante vino DOC.

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Descrizione

– Tipicità –

E’ un vino che nasce nel 1992 con l’intenzione di uscire dai soliti schemi della tradizione. Allo stesso tempo però, sperimentando e osando, riesce a rendere merito alla grande storia vinicola marchigiana. Per festeggiare i 20 anni di produzione, l’Azienda nel 2012 ha lanciato sul mercato oltre alla storica etichetta bianca altre cinque etichette colorate. Una scelta stilistica che continua ancora oggi a caratterizzare questo vino per rispondere ad un entusiasmo crescente da parte degli estimatori de Le Vaglie.

Uve: Verdicchio.
Tipologia Terreno: Tufaceo sabbioso, esposto a Sud/Est e Nord/Est su un’altitudine di 250/260 m slm.
Sistema Allevamento: Controspalliera capovolto.
Vinificazione: La vinificazione avviene in serbatoi di acciaio con un controllo costante della temperatura di 10-12 gradi.
Esame Visivo: Giallo paglierino, brillante con sfumature leggermente dorate.
Esame Olfattivo: Al naso intenso e persistente, sprigiona profumi floreali con frutta agrumata e mandorle fresche.
Esame Gustativo: Fresco e morbido, buona chiusura con netto richiamo ammandorlato.

Abbinamenti gastronomici con il vino DOC Verdicchio dei Castelli di Jesi: Aperitivi, antipasti di pesce, carni bianche più o meno elaborate, carni bollite, funghi, tartufi, fritti di verdure, piatti di pesce, crostacei, molluschi.

Gradi: 13% vol.
Prodotto in Italia
Contiene solfiti


Storia e Letteratura del Vino DOC Verdicchio dei Castelli di Jesi

Il legame storico tra la vite e l’ambiente geografico nel territorio della Marca Anconetana inizia con l’arrivo dei monaci benedettini ed a seguire con quelli camaldolesi che reintroducono e diffondono la vite ormai da secoli tradizionale. Ne è testimone, tra l’altro, la centenaria sagra dell’uva di Cupramontana. Ai monaci, quindi, nelle Marche si devono il tramandarsi delle tecniche viticolo-enologiche, il miglioramento del prodotto e, soprattutto, la conservabilità.

Con il diffondersi del contratto di mezzadria che crea l’appoderamento diffuso e la disponibilità di forza lavoro, il vino cessa di essere bevanda dei soli ceti agiati e diviene alimento delle classi rurali.

Già ai primi del 1500 lo spagnolo Herrera, professore a Salamanca, descrive le più comuni varietà di viti e la tecnica di vinificazione in bianco. Fra i nomi dei vitigni descritti figura il Verdicchio così spiegato “uva bianca che ha il granello picciolo e traluce più che niuna altra. Queste viti sono migliori in luoghi alti e non umidi, che piani e in luoghi grassi, e riposati, perciocché ha la scorsa molto sottile e tenera, di che avviene che si marcisce molto presto, et ha il sarmento così tenero che da per sé per la maggior parte cade tutto e bisogna che al tempo della vendemmia si raccoglia tutta per terra, e per questa cagione ricerca luogo asciutto e non ventoso, molto alto nei colli.

Il vino di questo vitame è migliore di niuno altro bianco. Si conserva per lungo tempo, è molto chiaro, odorifero e soave. Ma l’uva di esso per mangiare non vale molto”. E ancora, un significativo legame storico conseguente all’Unità d’Italia del 1861, è l’iniziativa relativa alla istituzione della Commissione Ampelografica Provinciale, promossa dal Prefetto e presieduta dall’enologo De Blasis, che nel 1871 pubblica i “Primi studi sulle viti della Provincia di Ancona”.

Sono passate in rassegna le diverse realtà climatiche, geomorfologiche dei territori e si descrivono i vitigni coltivati elencandone caratteri e sinonimie. Per l’area mandamentale di jesi viene descritto il Verdicchio (o Verdeccio) Questo è anche il periodo dei parassiti: oidio(1851), peronospora (1879), fillossera (1890). Il tempo trascorso per trovare le soluzioni spinse i viticoltori ad eliminare molte varietà clonali presenti nel territorio, privilegiando vitigni sconosciuti nella storia enologica regionale meno il Verdicchio che risultava il vino più commercializzato. Ne è conferma storica ulteriore quanto scrive nel 1905-6 lo studioso Arzelio Felini in Studi Marchigiani “è oltre un ventennio che i nostri viticoltori, nel tentare di risolvere il problema enologico marchigiano, hanno abbandonato la moltiplicazione delle caratteristiche varietà dei vitigni nostrani per introdurre del nord e del sud”.

È negli anni ’60 che l’aiuto CEE permette di rinnovare tutta la viticoltura regionale passando dalla coltura promiscua (filari) alla coltura specializzata (vigneto) con impianti a controspalliera per meglio svolgere le cure colturali e produrre uve di qualità. Nella classifica effettuata dal Di Rovasenda (1881) il Verdicchio è dichiarato il vitigno italico più pregiato tra i vitigni a bacca bianca delle Marche.

Il vino Verdicchio acquisisce notorietà commerciale all’inizio degli anni ’50 quando due produttori investirono nella costruzione in uno dei “castelli” di una cantina di trasformazione per lavorare le proprie uve e caratterizzarono il prodotto con una bottiglia tipica: l’anfora greca in riferimento alla civiltà dorica che fondò la città di Ancona. Allo sviluppo commerciale ha provveduto un altro industriale farmaceutico che ha acquisito la cantina cui ha fatto seguito la valorizzazione con la denominazione d’origine che ha consentito l’attuale sviluppo della DOC.

Il periodo mezzadrile prevedeva la ripartizione delle uve tra proprietario e mezzadro e, di conseguenza, la vinificazione separata nelle rispettive abitazioni. Tecniche diverse e capacità differenti non permettevano di ottenere un prodotto di qualità. Questo arriva con il sostegno comunitario agli investimenti sui vigneti, sugli impianti di vinificazione e sulle strutture commerciali le quali, forti della denominazione, riescono a raggiungere un notevole sviluppo sul mercato interno e su quello internazionale.

Un cenno va fatto anche all’attività vivaistica. Nel territorio operavano molti piccoli vivaisti con propri allevamenti di piante madri che hanno consentito di soddisfare la domanda in barbatelle innestate così che il rinnovo della viticoltura degli anni ’60 non subisse scompensi ed inquinamenti varietali. Poi il vivaismo ha assunto forme e valori di dimensione nazionale per cui la domanda è stata soddisfatta in disponibilità e sicurezza varietale.

Il Vino DOC Verdicchio dei Castelli di Jesi ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 11 agosto 1968.

Informazioni aggiuntive

Quantità ml

750 ml.

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